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Archeologia militare

L'architettura militare della Costa d'Amalfi conta due tipi di emergenze archeologiche legate alle caratteristiche geomorfologiche del territorio: le torri di avvistamento sulla linea di riva e i castra nell'entroterra collinare. I due sistemi, che a prima vista possono apparire indipendenti, risultano integrati in un'unica rete di segnalazioni e difese con una scelta molto particolare anche per quanto riguarda il numero di esemplari.
Da Vietri a Positano le torri costiere sono circa 18, con una frequenza altissima non riscontrabile in nessun altro punto del litorale italiano. Questa particolarità è da ricollegarsi al fatto che, essendo la linea della costa molto accidentata, risultava piuttosto facile tendere agguati. Che molte di queste torri avessero più spesso una funzione di segnalazione piuttosto che di reazione agli sbarchi nemici è testimoniato dall'armamento limitato, utilizzabile per altro solo su brevi distanze.
Le torri avevano caratteristiche architettoniche legate sia al momento cronologico in cui furono costruite sia all'ampiezza del territorio da presidiare. Quelle più antiche (età angioina ed aragonese - XI-XIV secolo) hanno pianta circolare, a detta degli studiosi perché questa era la pianta più semplice da realizzare, anche a parità di area edilizia coperta, in virtù dell'assenza delle strutture di chiave degli angoli. Quelle di epoca vicereale sono a pianta quadrata e presentano una controscarpatura la cui funzione era quella di assicurare staticità alla sovrastante costruzione di sezione troncoconica. Solo sulla Costa d'Amalfi appare in questo periodo la torre a doppia altezza, giustificabile se messa in rapporto all'acclività dei versanti lungo i quali sorgevano le torri: il pendio retrostante la costruzione poteva infatti offrire un riparo favorevole per tendere agguati alla piazza d'armi collocata sulla sommità della torre. L'alzato prevedeva due ambienti disposti su due diversi livelli: nella zona N di quello inferiore vi era una piccola cisterna (10-15 mc), mentre l'ambiente del piano rialzato era costruito con finalità abitative per il presidio di guardia.
Vigevano regole severe che non permettevano alle donne l'accesso alle torri. Poiché questo sistema difensivo è da collegare agli episodi della guerra di corsa, cioè di saccheggio, era fondamentale il momento dell'avvistamento, che poteva essere diretto o indiretto. Nel primo caso una torre scorgeva una nave nemica che per gli abitanti del luogo corrispondeva a "li turchi alla marina", ed in questo caso il tempo per fuggire era davvero poco; nel caso di avvistamento indiretto, una torre comunicava l'arrivo secondo un codice che limitava le segnalazioni alle torri interessate. Il segnale per gli altri presidi avveniva con il fumo di giorno e con il fuoco di notte, mentre per gli abitanti dei centri costieri il segnale corrispondeva al "botto del petraro".
Si elencano di seguito le torri allineate lungo la costa, alcune rimaneggiate perché adibite ad abitazioni.

Positano
1. Torre Fornillo: edificata nel 1532 in pietra locale, leggermente rastremata e a scarpatura continua, con pianta esastila e ambienti coperti da volte a crociera. Ha subito manomissioni nella facciata esterna per l'apertura di vani finestre quando è stata adibita ad abitazione.
2. Torre Trasìta: il nome deriva dal toponimo legato al punto di avvistamento degli uccelli, solitamente quaglie, che si dirigevano verso la terraferma. La torre può essere fatta risalire alla guerra del Vespro (1282) ed originariamente presentava due ambienti sovrapposti con volte a calotta. Ha pianta circolare e la dotazione di armi consisteva in due piccoli pezzi di bronzo.
3. Torre Sponda: opposta a quella di Trasìta, va ricondotta all'epoca medievale e conserva parti del coronamento in controscarpa di epoca vicereale. Ha copertura a cupola con muro a N, ricollegabile alla protezione del luogo dove era collocato il cannone.

Vettica Maggiore
1. Torre di Grado: è una fusione tra una torre cilindrica, quindi di epoca medievale, ed una quadrata vicereale, più arretrata. È a doppia altezza composita con due piccoli cannoni di bronzo per armamento.

Praiano
1. Torre Assiola: documentata già nel 1260-70, subì adattamenti in epoca vicereale. Presenta una base troncoconica con coronamento in controscarpa e troniere a spatola. È costituita da due ambienti con volta a calotta realizzata in getto; lo spessore dei muri varia dai 3 m in basso ai 2 m in alto e il materiale impiegato è la pietra calcarea. L'eccessiva altezza originaria va ricollegata alla funzione di sorveglianza dell'insenatura sottostante dove si pescava il corallo: con l'epoca vicereale divenne torre di guardia.

Conca dei Marini
1. Torre di Capo di Conca: di epoca vicereale, a tre troniere e senza armamento, si confonde con la roccia dove è stata costruita.

Vettica Minore
1. Torre di Capo della Vite: costruita nel 1568, secondo lo storico Camera di epoca vicereale, a quattro troniere.

Amalfi
1. Torre del Capo di Atrani: per la vicina Chiesa è chiamata anche Torre di S. Francesco. Di epoca medievale adattata in età vicereale, presenta una forma tozza, con basamento conico, corto corpo conico e cornice torica. Per armamento aveva due piccoli pezzi di bronzo.

Ravello
1. Torre dello Scarpariello: di epoca vicereale, a doppia altezza con feritorie adattate a finestre e priva di armi, questa torre era detta anche della "Ficarola".
Minori
1. Torre Paradiso: di epoca vicerale, originariamente a doppia altezza ma con una troniera in sostituzione di parte del coronamento crollato.
2. Torre Mezzacapo: accanto al castello, questa torre è di epoca vicereale a tre troniere ed aveva due cannoni.

Maiori
1. Torre Normanna: fusione di più strutture (torre cilindrica angioina unita nella parte inferiore ad una vicereale a doppia altezza), presenta un coronamento a controscarpa e una scudatura a cinque troniere. Sembra piuttosto una fortezza, date le dimensioni, ma forse questa caratteristica è da ricollegarsi all'ampiezza della spiaggia di Maiori che doveva essere controllata.
2. Torre di Cesare: di epoca vicereale, a cinque troniere, aveva per armamento due cannoni di bronzo.
3. Torre Badia: di epoca vicereale, a quattro troniere, anticamente veniva chiamata anche Torre di S. Spirito all'Ogliara.
4. Torre Lama del Cane: parzialmente crollata, di epoca vicereale, a tre troniere, presenta un lato lungo 14 m.
5. Torre Tummolo: vicereale, di tipo maggiorato, dove la fortificazione di epoca angioina è difesa da quella rinascimentale costruita come scudo della piazza d'armi.
6. Torre di Erchie: di epoca vicereale, a quattro troniere, risulta sopraelevata da una costruzione che occupa metà della piazza d'armi. Moderne le aperture e lo scalone di accesso.

Cetara
1. Torre di Cetara: risulta dall'unione tra una torre cilindrica angioina ed una a doppia altezza di epoca vicereale. Fu sopraelevata di due piani nel 1867.

Vietri sul mare
1. Torre d'Albori: di epoca vicereale, a doppia altezza, restaurata malamente.
2. Torre di Vito Bianchi: di epoca vicereale, a cinque troniere. Attualmente lontana dal mare, questa torre è indicativa dell'avanzamento della linea di costa dopo l'alluvione del 1954.
3. Torre della Crestarella: di epoca vicereale, a quattro troniere, detta anche "Fiatamone" (probabilmente da un corrotto "Chiatamone"), presenta un'insolita larghezza della troniera.

A queste torri erano collegati, non solo idealmente ma anche in uno stretto rapporto di segnalazioni e resistenza, i castelli posti sulle colline e a loro volta legati da criteri di visibilità e comunicazione. Di questi "castra" rimangono oggi solo ruderi: a volte sconosciuti agli stessi residenti, permangono come mute testimonianze del glorioso passato del ducato di Amalfi.
A difesa del territorio di Tramonti fu costruito il castello di S. Maria la Nova, così chiamato per la presenza al suo interno di una cappella dedicata alla Madonna. La descrizione del castrum ormai scomparso è fornita dallo storico Camera, che racconta come la costruzione fosse iniziata solo nel 1458 e prevedesse una struttura con cortine presidiate da dieci torrette e sette mezzi bastioni quadrati, con cisterne ed una campana per gli allarmi contro gli attacchi nemici.
Il castello a NE di Maiori era detto "de thoro plano" ( i "tori" sono le colline meno alte rispetto a quelle che le circondano): costruito nel 1465 e ancora oggi in ottimo stato di conservazione, presenta una pianta a sette lati con nove torrette. Trovandosi in ottima posizione, il castello doveva essere il tramite tra la torre Normanna e il castrum di Tramonti.
Quello costruito sullo sperone di roccia tra la vallata di Tramonti ed il territorio di Ravello prendeva il nome di "castrum Montalto" o di "Trivento" ed appare citato già in un documento del 1131. Se le strutture fossero liberate dalla copertura vegetazionale sarebbe tuttora possibile seguirne l'andamento. Il castello ha pianta rettangolare con a S i resti di un torrione, mentre sul lato E si trovavano le strutture di una cisterna rivestita in cocciopesto ed in parte crollata. Il materiale utilizzato per la costruzione è la pietra calcarea, in blocchi di diversa misura e chiaramente provenienti dal circondario (è possibile identificare facilmente gli scassi da dove fu prelevata la pietra)
In collegamento visivo con Montalto c'era il "castrum di Fratta", che sorge su uno dei pendii alle spalle dell'abitato di Ravello per proteggere la zona quando gli attacchi nemici provenivano dal territorio di Tramonti. Esistente già nel 1100, dovette fronteggiare l'attacco dei Pisani nel 1135. Di esso restano in piedi parti di due torri quadrate ravvicinate: in un casoè visibile il pian terreno con la cisterna e l'innesto della copertura a volta dell'ambiente al primo piano; la torre più a N mostra invece parti di due muri d'angolo. La tecnica costruttiva è l'opera incerta in pietra locale. Dopo la distruzione di Fratta, nel XIII secolo il castrum fu spostato poco più a N, sulla spianata del Monte Brusara: chiamato dagli storici Turris Nova, sopravvive solo nel perimetro delle strutture e nelle grosse cisterne (la struttura è sconosciuta).
Di fronte a Fratta sorge, a 1046 m. slm, il "castrum di Scala Maior". Citato in rapporto all'assedio posto da Ruggiero II nel 1131, occupa tutto il pianoro in direzione NO-SE e risulta interessante per l'impianto strutturale. Di esso sopravvive infatti il lato meridionale con i resti di alcune torri e tratti di mura di cinta: i bastioni avanzati, di cui uno a pianta pentagonale, richiamano modelli bizantini presenti in Turchia. La tecnica costruttiva è l'opera incerta, con pietra calcarea e malta (il sito è poco valorizzato).
A Pontone, frazione del comune di Scala, due erano i presidi: il "castrum di Scalelle" e la torre di avvistamento chiamata "dello Ziro".
Del primo, quasi totalmente diroccato, sopravvivono strutture che in alzato non superano mai i metro di altezza. Il castello rientrava in un più ampio sistema di difesa costituito da mura e feritoie, sistema a cui dovevano collegarsi anche le cosiddette case-torri (si vedano le pagine dedicate all'Archeologia medievale). Del corpo principale restano ampie cisterne sulla sommità della collina.
Sullo sperone di roccia che si protende verso il mare tra Atrani ed Amalfi si eleva la torre dello Ziro, con uno stretto camminamento cinto da mura merlate che la collega al punto estremo della spianata. Nel suo aspetto attuale, la torre possiede tutti gli elementi tipici delle opere difensive di epoca angioina: si tratta infatti di una costruzione cilindrica, con base scarpata e toro aggettante all'imposta del cilindro sulla base. Il coronamento doveva presentare una merlatura di cui sopravvivono alcuni elementi. Le uniche aperture si trovano al di sopra della cornice: una, più ampia, doveva servire da ingresso, mentre le altre più piccole sono quattro vani finestra di forma quadrata.
Le prime notizie riguardanti la Torre dello Ziro risalgono al 1151: allora era ancora chiamata "Rocca di S. Felice", ma a partire dal 1292 il nome muta in Turris cziri. A questa struttura è legata una storia molto conosciuta tra la gente del luogo: si racconta infatti che la torre fu utilizzata come luogo di prigionia per Giovanna d'Aragona. Questa, sposata giovanissima ad Alfonso Piccolomini duca di Amalfi e rimasta vedova già a vent'anni, intraprese una relazione amorosa con il suo amministratore e servo Antonio Bologna, che in seguito sposò in segreto e da cui ebbe dei figli. Quando i fratelli di lei, il cardinale Carlo e Federico, scoprirono i fatti, dimostrarono il proprio dissenso cercando di dividere i due amanti: questi fuggirono ma, rintracciati, il Bologna fu ucciso mentre Giovanna fu ricondotta ad Amalfi e sparì.
La storia riporta un fatto realmente accaduto nel 1500. Matteo Bandello, che fu testimone oculare della vicenda perché amico del Bologna, ne narra in una delle sue novelle, mentre nel XVI secolo venne trasposta in forma di tragedia da John Webster, che però conclude la trama con l'uccisione di Giovanna da parte di un sicario, il Bosola. Secondo la tradizione locale Giovanna, una volta ricondotta ad Amalfi, fu rinchiusa nella Torre dello Ziro e murata viva insieme ai figli frutto dell'amore segreto: la prova di questa conclusione è rappresentata, secondo la vox populi, dall'assenza di porte nella torre.

Bibliografia
F. Russo, Le torri vicereali della costa d'Amalfi, Amalfi, 2002.
 
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