INTEGRATIO, Places of Cultural Integration and perspective from visiting to meating - GO TO HOME PAGE
| GO TO ENGLISH VERSION

Archeologia classica

Ville
La Costa d'Amalfi offre la possibilità di visitare un complesso abitativo di epoca romana nella quasi totalità delle strutture: la villa marittima scavata nel centro abitato di Minori illustra in modo ottimale la tipologia di fruizione della fascia costiera vera e propria, tipologia che trova conferma negli altri impianti disseminati lungo la Costa.
Cominciando dalle evidenze archeologiche presenti sugli isolotti de "Li Galli", occorre ricordare che nell'antichità queste isole erano considerate la dimora delle mitiche Sirene, le pericolose incantatrici che riuscivano ad ammaliare i marinai con i loro canti sì da far naufragare le navi sugli scogli. La leggenda vuole che solo Ulisse abbia saputo resistere al loro incantesimo, ed è spiegabile con lo stupore che gli equipaggi dovevano provare al cospetto di una costa caratterizzata da scenari naturali grandiosi, del tutto diversi tanto dalla piatta pianura del Sele quanto dall'uniforme penisola sorrentina.
Al di fuori del mito, sta di fatto che già un ricco romano volle assicurarsi il privilegio di poter godere di quel superbo spettacolo naturale facendosi costruire una villa proprio sull'isolotto del Gallo Lungo. L'impianto misurava 15,25 m X 66,50 m e, prima di essere ricoperto dalle costruzioni moderne, appariva costituito da un terrazzo del quale al momento dello studio del Mingazzini sopravvivevano resti di muri di contenimento rivestiti in alcune parti da opera reticolata. La villa vera e propria si ergeva al centro del terrazzo e sfruttava terrazzamenti artificiali come fondazioni dei numerosi ambienti: di questi, non tutti erano adibiti ad abitazione, come rivelato dalla presenza di roccia affiorante. Verso E un gruppo di quattro vani, su due livelli e indipendenti dal nucleo centrale, fu individuato e rilevato prima di essere inglobato nella costruzione moderna, ed è stato interpretato come serie di locali destinati alla servitù. Interessante era la sistemazione del giardino, come indiziano resti di tre muri perpendicolari all'asse della villa: esso doveva essere caratterizzato da un sistema di terrazze e portici tale da circondare tutta l'abitazione. La necessità di avere a disposizione acqua dolce dovette determinare la costruzione di due canali per la raccolta dell'acqua piovana collocati sul terrazzamento superiore e di una cisterna ricavata nella parte bassa dell'isola, rivestita da cocciopesto e caratterizzata, sul lato rivolto al mare, da una doppia parete. A SO sette blocchi, posti a poca profondità, potrebbero essere i resti di un approdo.
Di fronte a Li Galli, a Positano, un altro ricco romano scelse la zona vicina al torrente per edificare una dimora destinata agli ozi della villeggiatura: solo nel 1931 fu ispezionata e rilevata parte di un peristilio di cui furono rintracciati tre lati, la cui lunghezza originaria era di 32,00 m. Il peristilio era ornato da colonne in laterizi ricoperte da stucchi, mentre a N di questa struttura doveva estendersi, secondo quanto riferisce il Della Corte, un ampio giardino. I recenti scavi condotti nella Cripta della sovrastante Chiesa hanno permesso di acquisire nuovi dati archeologici. Sono stati scavati tratti di muri, tutti pertinenti alla stessa struttura e rivestiti da opera reticolata, e parte di un affresco che riproduce elementi architettonici e una figura di ippocampo.
Arriviamo ad Amalfi, dove solo nel 2000 ed in seguito a lavori di edilizia privata, sono stati scoperti due ambienti facenti parte di un'altra villa marittima. Gli ambienti, visitabili, si trovano ad una quota di - 3,50 m e sono costituiti da uno stretto vano a N con pavimento in cocciopesto e da un altro vano a S, absidato, con nicchia sulla parte N in opera reticolata a composizione policroma. La tecnica costruttiva adottata è l'opera vittata con ricorsi di blocchetti squadrati; il pavimento è costituito da pietre calcaree di provenienza marina, come rivela l'elevata levigatezza. L'ambiente più grande presenta canalizzazioni in direzione N-S, perpendicolari e parallele ad una piccola cavità nel pavimento a N; questa cavità è in diretto rapporto con un basso cilindro in muratura con apertura sul fianco verso N. La struttura, ancora in fase di studio da parte della Soprintendenza, è stata interpretata come un ninfeo-triclinio della villa. Nelle bacheche ricavate negli ambienti al momento del restauro sono esposti gli oggetti ritrovati.
La villa meglio conosciuta e che fornisce ai visitatori l'immagine più esplicita e completa dell'opulenta vita romana rimane comunque quella scoperta a Minori e risalente, nonostante una vita edilizia molto complessa nella sua fase originale, all'epoca giulio-claudia, con interventi di monumentalizzazione nell'età dei Severi.
La villa, scoperta nel 1932, presenta un impianto organico e allo stesso tempo monumentale che assume come punto centrale un triclinio-ninfeo. Questo ambiente, che divide la villa in due parti simmetriche, fu abbellito sul lato N da una piccola cascata e da una vasca decorata da un'architettura prospettica di cui sopravvive solo il frontone con resti di stucchi, mentre sui lati E ed O venne arricchito da letti triclinari in muratura. Il triclinio si apre a S, mediante un arco in laterizi, su un ampio viridarium con vasca centrale: questo spazio è delimitato sui lati E, S e N (su questo lato affacciano tutti gli ambienti della villa) da un triportico. Ad O, all'estremità del nucleo occidentale dei vani, una scala immetteva al piano superiore; un'altra scala simmetrica doveva trovarsi all'estremità del lato E, dove sono stati rinvenuti pochi gradini e dove la villa veniva lambita dal corso del torrente Reghinna (in antichità il torrente scorreva lungo l'attuale Corso Vittorio Emanuele). L'arco che costituisce l'apertura del triclinio sul viridarium ha in asse sul lato S del triportico un altro arco più piccolo, che rappresentava forse l'accesso all'impianto da mare. Completavano la scenografia due prolungamenti del triportico verso S: oggi sopravvive solo quello dell'estremità O, di cui sono stati posti in luce piccoli vani forse adibiti a locali di servizio. Gli ambienti del nucleo ad E del triclinio erano riservati al proprietario: è infatti qui che è stata ritrovata la parte termale, di cui sono riconoscibili il tepidarium, il calidarium ed il praefurnium. Del piano superiore rimane soltanto parte di un impianto termale, difficilmente riconducibile alle strutture originarie della villa.
La tecnica costruttiva prevalente è l'opera incerta con utilizzo di pietra calcarea locale, con una regolarizzazione mediante blocchetti di travertino pestano nei punti di maggiore sollecitazione strutturale. Nel triportico viene invece utilizzata l'opera laterizia. La decorazione pittorica (grandi pannelli con elementi figurati su zoccoli a fondo nero e rosso) rientra nel pieno III stile e riguarda solo quattro ambienti; i mosaici che si trovano nella parte di rappresentanza della villa riproducono una scena di tiaso marino e motivi vegetali di ispirazione dionisiaca.
Delle 1300 monete recuperate durante lo scavo del 1934, delle quali restano attualmente solo 120 esemplari, la maggior parte è collocabile tra il I ed il IV sec. d.C.. La ceramica rinvenuta è rappresentata soprattutto da contenitori da trasporto e da pezzi di uso comune. Al piano superiore è stato creato un piccolo antiquarium dove è possibile vedere non solo gli oggetti rinvenuti nella villa ma anche dei pannelli pittorici staccati da un ninfeo scoperto più a N, sotto la Chiesa di S. Lucia, e rinterrato perché pericolante.
Se la costa veniva scelta per la villeggiatura, l'entroterra veniva utilizzato già nell'antichità per lo sfruttamento agricolo. La testimonianza più importante ed ancora visibile è una parte della villa rustica in località Polvica a Tramonti. Durante uno sbancamento per la costruzione di una strada nell'area compresa tra la sede della Comunità Montana e la casa comunale, negli anni Ottanta dello scorso secolo sono venute alla luce importanti evidenze archeologiche che vanno dall'età ellenistica all'epoca medievale. Per comodità di sintesi, queste evidenze verranno descritte secondo l'epoca alla quale risalgono.
- Epoca ellenistica
Nella zona, dove è stato costruito il parcheggio, vennero scoperti buchi di palo (non più visibili)con resti di ceramica a vernice nera che datarono il rinvenimento all'età ellenistica e non all'età del Bronzo, come si era ipotizzato in un primo momento.
- Epoca romana
All'epoca romana, più precisamente ad un periodo antecendente l'eruzione del 79 d.C., risalgono dei solchi di coltivazione rinvenuti nella zona immediatamente a S dell'impianto della villa (nell'area dell'attuale parcheggio) e che apparivano sigillati dal lapillo trasportato qui dai venti in quota.
Nell'area più vicina al piede della collinetta furono scavati i resti della villa rustica: si tratta di due strutture sovrapposte, delle quali la più antica (I sec. a.C.) al momento della cessazione della propria vita edilizia è servita per la fondazione del nuovo impianto, di cui sopravvivono i resti di quattro ambienti orientati in direzione N-S e di un pavimento in cocciopesto. La tecnica muraria è l'opera incerta e listata, con resti di rivestimento di intonaco. Ad O, in un punto distante circa 10,00 m dalla villa, fu scavata una cisterna.
A questa stessa epoca risalgono alcune tombe (?) a cappuccina scoperte 3,50 m più a S dell'impianto rustico ed alcune anfore venute alla luce ad una distanza di 200 m in direzione SE.
Del materiale raccolto subito dopo la scoperta alcuni frammenti sono anteriori al 79 d.C., altri posteriori a questa data. Tra il cocciame più antico: frammenti di ceramica aretina di cui due pertinenti al piede di un piatto decorati internamente a rotellatura e uno con resti di decorazione pittorica, di cui è visibile solo la parte delle gambe di un individuo; frammenti di orli pertinenti a ceramica di uso comune, di cui uno riferibile ad una forma aperta.
I frammenti posteriori al 79 d.C. sono riconducibili: ad un orlo e ad un'ansa di un'anfora di provenienza africana con labbro a doppio gradino (III sec.d.C.); ad un'olla (II sec.d.C.); ad un orlo di patera affusolato da ceramica sigillata africana C; ad una parete con interno verniciato (IV-VII sec.d.C.).
- Epoca medievale
All'epoca medievale risale invece l'impianto di un luogo di culto situato ad O della villa, di cui al momento della scoperta sopravvivevano l'abside e le pareti del lato N ma del quale oggi è possibile vedere solamente qualche resto di un muro a N.
Tutte le strutture sono state interessate negli anni Novanta da uno scavo di cui non è stato possibile consultare alcuna documentazione perché ancora in corso di stampa. Inoltre, esse sono attualmente in parte volontariamente interrate, in parte ricoperte dalla vegetazione spontanea e dai rifiuti.
L'area interessata dai rinvenimenti doveva godere di un'ottima viabilità che sussiste ancora oggi nei numerosi sentieri che la collegano facilmente al Valico di Chiunzi a N e alla costa a S.
A Tramonti il territorio offre una particolare ricchezza archeologica di evidenze mobili asportate al momento della scoperta: tale ricchezza si spiega con la topografia del comune, che costituisce l'unico passaggio in quota verso il territorio dell'agro nocerino dove il centro di Nuceria Alfaterna, fondato nel VII sec. a.C., visse un'intensa vita politica.

Approdi
L'unica testimonianza di un approdo è costituito da un porticciolo in località Fuenti, visibile grazie alla trasparenza delle acque anche dalla strada statale proprio nel punto dove sorgeva l'Hotel Fuenti. Si tratta di resti di una struttura in opera cementizia rivestita in opera reticolata, che poggiava alla roccia mediante un arco ora crollato. La struttura si trova sprofondata di qualche metro sotto il livello del mare per cause che sono allo studio degli archeologi (si propende per una frana sottomarina) e presenta sul lato superiore dei fori che forse alloggiavano impalcature di legno per la pesca. Dalla tecnica edilizia si data all'epoca romana.

Terme
Vietri presenta una tradizione archeologica di più lunga durata, perché per secoli è stata considerata l'antica Marcìna. Strabone, descrivendo questo tratto di costa nella sua opera geografica, racconta che l'unica città è una colonia dei Tirreni e si chiama Marcìna: poiché l'autore riporta la distanza che separa questo centro da quello di Nuceria Alfaterna, gli storici hanno ritenuto che l'insediamento di cui parla Strabone dovesse trovarsi sotto l'abitato moderno di Vietri, sorretti nelle loro ipotesi anche da consistenti rinvenimenti archeologici.
Sotto la Chiesa di S. Antonio si rinvennero nei secoli passati tombe a camere con urne cinerarie e un tratto di acquedotto con tubi in piombo; strutture simili vennero alla luce nei pressi della Chiesa di S. Giovanni. Ma il rinvenimento più importante è sicuramente quello di un ambiente termale venuto alla luce in Via Pellegrino 142, ambiente su cui fu impiantata la fornace di una faenzera nel 1700.
Queste terme sorgono a ridosso di una parete di roccia e sono composte da un ambiente circolare con nicchie e due vani d'accesso. Un altro ambiente doveva essere ad O, con apertura a S mediante un arco largo 1,05 m: quest'ultimo vano era a pianta rettangolare. Parzialmente conservato era l'ipocausto, il cui pavimento sospeso sui pilastrini è stato recuperato allo stato di crollo, con resti di bipedali e cocciopesto. L'ambiente circolare presentava due vasche, una circolare di marmo bianco a cui si accedeva mediante gradini a NE ed un'altra rettangolare, posta proprio sotto la parete rocciosa e dove doveva trovarsi una fontana. La grotta aveva un'apertura in alto, da dove partivano delle tubature atte a portare acqua dalla sorgente. L'umidità veniva controllata mediante mattoni forati. Il vano circolare è in opera laterizia con ricorsi in opera reticolata. La datazione risale al I sec. a.C.- I sec. d.C..
 
Approfondimenti
| FORUM
Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali - Villa Rufolo - 84010 Ravello - Italia - tel. +39.089.857669/089.858101