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Il mondo agricolo e i prodotti tipici

L'ottima posizione geografica ed un clima particolare hanno favorito lo sviluppo di un'intensa attività agricola in tutta la Costiera amalfitana. Nei terrazzamenti che fanno da cornice all'intera fascia costiera si susseguono rigogliosi vigneti e limoneti ordinati a pergolato, mentre le colline più elevate e le montagne ospitano i castagneti.
La Costa d'Amalfi può vantare una grande ricchezza di vitigni autoctoni, coltivati con amore da millenni. I Romani hanno messo tanta cura anche nell'impianto delle vigne, che disponevano a filari unite ad altri alberi. Due sono i vitigni arrivati sino a noi. Uno è denominato "S. Nicola", produce un vino dal gusto amabile e dal bouquet delicatissimo e sembra essere presente solo nella penisola amalfitana e sorrentina e in nessun'altra zona italiana. Le numerose citazioni del vino di Sorrento nei passi degli autori latini che testimoniano la diffusione del prodotto, noto come vino secco e forte, si riferiscono probabilmente a questa qualità. Tale produzione stimolò anche iniziative artigianali, come le anfore ricordate da Marziale e Plinio.
L'altro tipo di uva, invece, viene denominata "sanginella" e presenta grossi acini fortemente ovali, duri e forniti di una buccia sottilissima. Entrambi i vitigni stanno scomparendo, perché i pochi contadini rimasti nei luoghi di origine preferiscono impiantare o sostituire le nuove vigne con il sistema delle barbatelle già innestate, che danno un frutto di qualità superiore e in tempi più rapidi rispetto ai cosiddetti "maglioni" innestati con il tralcio di "S. Nicola" o "Sanginella". Oggi altri tipi di uve diffuse in queste zone sono "Biancolelle" e "Falanghina", che producono un bianco paglierino dal profumo delicato, fresco e fruttato e le uve "Piedirosso", che forniscono un rosato dal profumo dolce di viola e sapore asciutto, morbido e vivace.
I vini della Costa d'Amalfi sono di tre tipi: il Furore, il Ravello e il Tramonti, prodotti nelle rispettive aree di coltivazione. I vini Costa d'Amalfi - bianco, rosso e rosato - sono ottenuti da vigneti siti nei comuni di Furore, Praiano, Conca dei Marini e Amalfi, con produzioni non superiori a 90 quintali per ettaro per il rosso e rosato e 100 quintali per ettaro per il bianco. A prescindere dall'area di coltivazione, possono essere denominati Furore purchè vengano immessi al consumo con gradazione alcolica non inferiore a 11% e 11,5% rispettivamente. I vini Ravello, Furore e Tramonti rosso, se invecchiati, possono riportare in etichetta la dicitura "riserva". In queste zone, grazie all'utilizzo delle uve autoctone, nascono i vini Doc "Costa d'Amalfi", riconosciuti con decreto del 10 agosto 1995. Tale riconoscimento ha accelerato il processo di valorizzazione e, successivamente, ha migliorato le potenzialità economiche dei prodotti viticoli locali. Attualmente le strutture di trasformazione del prodotto sono in sensibile crescita sia per potenzialità produttiva che per livello tecnologico, con indubbi riflessi positivi sulla qualità delle produzioni grazie anche ad un rinnovato interesse del mercato verso prodotti agro-alimentari genuini.
Le piante di uva vengono piantate in inverno e solo dopo qualche anno iniziano a fruttificare. Nella fase iniziale di crescita vengono collocati dei pali intorno alla pianta per proteggerla dal vento. Una volta cresciuta viene fatto il tipico pergolato della Costiera amalfitana, al quale la pianta verrà legata con i salici. Nel periodo invernale la vigna necessita di essere concimata e potata per togliere i rami secchi. Nel periodo estivo verrà alimentata con prodotti quale lo zolfo e il verderame, per ottenere un acino perfetto. Da metà settembre in poi (a seconda delle condizioni metereologiche) si procede alla vendemmia, ovvero alla raccolta dell'uva per poi ottenere il vino che già a novembre si può degustare.
Altro prodotto tipico della Costiera è costituito dai limoni. L'agricoltura non è sempre stata una vocazione di questi luoghi stretti fra monti e mare, in forte pendenza e quasi privi di terreni coltivabili: è stato il duro lavoro degli abitanti a creare quello che oggi appare come assolutamente naturale, ovvero le verdi terrazze di limoni. Il paesaggio della Costiera è stato costruito dall'uomo grazie ad un'imponente opera di terrazzamento. Prodotto simbolo della zona è quindi divenuto il limone, al tempo stesso antico e moderno. Antico perché il suo arrivo in questi luoghi risale a molti secoli fa. Moderno perché è il simbolo di importanti battaglie dei nostri giorni: la tutela della biodiversità, la salvaguardia dell'ambiente, la conservazione delle tradizioni, della storia e della cultura locale.
L'arrivo del limone in Costiera sembra risalire al I secolo d.C. ed il primo riferimento certo a coltivazioni di limoni in quest'area è datato 986 d.C.. La varietà qui presente è nota col nome di "Sfusato Amalfitano" proprio per la sua forma affusolata: si coltiva in tutti i comuni della Costiera amalfitana e la produzione migliore si ottiene fra giugno e ottobre. Lo sfusato si distingue per la porosità e lo spessore della buccia e per la polpa succosa e profumata, qualità che lo rendono particolarmente adatto alla preparazione di bibite, liquori e gelati, per aromatizzare creme, torte, babà e biscotti, per l'elaborazione di salse per condire spaghetti e risotti ed infine ad essere gustato al naturale, a spicchi conditi o con lo zucchero o con il sale.
Lo sfusato amalfitano è un esempio virtuoso d'interazione sinergica fra elementi naturali ed intervento dell'uomo. Il terreno di origine vulcanica e le particolari condizioni microclimatiche combinate con le sapienti tecniche colturali, affinate nei secoli, hanno consentito di selezionare nel tempo un frutto davvero speciale: il limone della Costa d'Amalfi. Nel 1991 è stato istituito il Consorzio Valorizzazione Limone Costa d'Amalfi (CO.VA.L.), con lo scopo di tutelare e promuovere la limonicoltura del territorio anche con la creazione di un marchio a garanzia della zona d'origine. Ed è stato proprio questo consorzio a presentare la richiesta di riconoscimento IGP (Indicazione Geografica Protetta) per il Limone Costa d'Amalfi. Tale marchio contraddistingue i limoni della Costiera sull'intero territorio dell'Unione Europea. Il marchio IGP, ottenuto nell'aprile del 2001, garantisce che il frutto è stato prodotto secondo le regole fissate dal Disciplinare di Produzione e con metodi tradizionali.
Durante i primi anni di crescita delle piante, alla fine di settembre o all'inizio di ottobre, queste vengono riparate da una gabbia formata da tre pali di castagno alti 4 o 5 metri che formano un triangolo. Questa operazione ha lo scopo di fornire un appoggio alla frasca di elce, che viene collocata esternamente per proteggere i teneri germogli del limone dal freddo invernale. Questa armatura provvisoria si mantiene per 3-4 anni, dopodiché si procede all'armatura definitiva, o pergolato. Nei primi anni non si esegue una vera e propria potatura, ma si fa crescere la pianta liberamente. Nel mese di ottobre le bacchette di limone vengono prima potate e poi piegate delicatamente, legandole con rametti di salice all'armatura di legno. Le bacchette piegate, quando la pianta è adulta, se sono ben lignificate producono frutto l'anno successivo. La potatura è semplice e si riduce alla soppressione, con le forbici, dei rami secchi, delle bacchette o delle pongole (rami piccoli che nascono dai rami più grandi e crescono in senso orizzontale) che hanno fruttificato e che sono avvizzite. Solo dopo una produzione particolarmente abbondante o ogni 4 o 5 anni si pratica una potatura di sfollamento, per ridurre il numero delle ramificazioni di due o tre anni.
Il clima della Costiera amalfitana in inverno è mite, ma è comunque necessario coprire i limoni con delle reti (in passato si coprivano con il frascume proveniente dal sottobosco) in materiale plastico, traforate, che non lasciano passare la grandine e li proteggono dal freddo. I limoneti più vicini al mare vengono coperti prima, in autunno, per proteggerli dal vento marino che volgarmente si chiama schiuma. La concimazione si pratica tra la fine di febbraio e maggio contemporaneamente alla zappatura, mentre nei limoneti asciutti è frequentemente eseguita in autunno. A maggio avviene anche la fioritura delle piante di limone. D'estate poi si procede ad innaffiare le piante con l'acqua proveniente da sorgenti, torrenti o con altre tecniche di irrigazione. Nel periodo estivo si procede alla raccolta. La produzione è di circa 300 limoni a pianta, ma in casi eccezionali e con piante ben distanziate si può arrivare sino a 600 limoni per pianta.
Altro prodotto tipico della nostra Costa, e in particolare di Cetara, sono le alici. Dal porticciolo di Cetara partono flotte di lampare con il solo scopo di ingannare eserciti di alici. I pescatori gettano le loro reti e attendono che queste siano colme per tirarle su e tornare a riva. La pesca delle alici non è possibile nel periodo in cui depongono le uova, ossia tra maggio e settembre. Una volta pescate le alici si procede alla conservazione, che tradizionalmente avviene mettendole sotto sale. Oggi le alici vengono utilizzate sia come antipasto (alici marinate) che come condimento di primi e secondi.
Molto diffusi in Costiera amalfitana sono anche i prodotti derivati dal latte. Già in uso all'epoca dei Romani, i formaggi erano usati sia freschi che stagionati, mentre il burro era utilizzato come unguento per uso curativo. La regione amalfitana continua la tradizione iniziata dai suoi antichi abitanti producendo mozzarella di ottima qualità, ricotta, provola affumicata e caciocavallo a pasta morbida e dura. Il maggiore centro di produzione di formaggi è Tramonti, ma diversi caseifici sono presenti anche in altri centri della Costiera, soprattutto a Scala e a Ravello.
Giunti qui, i Romani trovarono non solo abbondanti pascoli, ma soprattutto una razza bovina dall'eccezionale produzione di latte. Essi conoscevano bene le tecniche per coagulare il latte con caglio di becco o di agnello e, a volte, con il lattice che essuda dai rami di fico. Una volta ottenuta la cagliata la versavano in piccoli cesti (fascelle) per separarne il siero. Le forme venivano poi collocate in luoghi freschi e ombreggiati, su tavole cosparse di sale. È ancora possibile trovare queste assi nelle case dei contadini che continuano questa tradizione. È il latte degli animali dei Monti Lattàri che viene trasformato da mani sapienti in formaggi da consumare freschi o stagionati e che possono essere utilizzati sia come formaggio da tavola, sia come condimento.
La mozzarella, un tempo tagliata in forme di circa mezzo chilo (e questo ne spiega il nome, da "mozzare" che significa tagliare) viene oggi realizzata in forme tonde di diverse dimensioni, in bocconcini. La sua peculiarità consiste proprio nella tecnica di preparazione classica. Le fasi della lavorazione della mozzarella iniziano col versare il latte in un calderone e portarlo a 35 gradi. A questo punto si unisce al latte il caglio e si lascia riposare il tutto per un'ora. La cagliata viene quindi spezzettata minutamente e lasciata lievitare, poi viene versata in acqua bollente (80 gradi) e fatta filare. Una volta che la filatura è giunta al punto giusto, si elimina l'acqua e si "mozza" la pasta filata alla dimensione desiderata. Dopo avere formato le porzioni, si passano in acqua fredda e si lasciano in salamoia.
Altro tipico prodotto della Costiera è la ricotta. Questa viene prodotta utilizzando il siero del latte dopo che da esso è stata tolta la caseina, già usata per la preparazione del formaggio. In rapporto al tipo di latte utilizzato (pecora o mucca) la ricotta assume una consistenza diversa (ciò può essere determinato anche dal tipo di stagionatura a cui è sottoposta, ma solitamente è la ricotta di capra a venire stagionata). Nell'ambito della Costiera amalfitana prevale la produzione di ricotta di mucca o tutt'al più mista.
Oltre ai formaggi freschi, molto diffusi sono anche quelli affumicati. In passato il procedimento dell'affumicatura (valido per la provola e il caciocavallo) richiedeva molto tempo perché era costituito da una lunga esposizione al fumo prodotto dalla combustione di materiale che non dava vita ad una grossa fiamma.
Si metteva in un grosso paiolo di rame o di ferro una grande quantità di paglia e, ad una certa altezza all'interno del contenitore, si disponevano, attaccate ad un bastone di legno che fungeva da supporto orizzontale, le provole o i caciocavalli fissati al bastone mediante una corda di canapa o addirittura per mezzo di giunchi flessibili. Si dava fuoco alla paglia, che bruciava per un lungo periodo senza produrre fiamme molto alte, e al di sopra del contenitore si poneva altra paglia in modo da trattenere il fumo all'interno. Il contenitore veniva chiuso dalla paglia perché questa permetteva il passaggio dell'aria che alimentava la combustione, ma allo stesso tempo impediva la fuoriuscita del fumo. Oggi, per motivi sanitari, i prodotti affumicati non si ottengono più tramite questo procedimento naturale, bensì con l'aggiunta di sostanze chimiche.
Altro prodotto tipico dell'entroterra della Costa e quindi presente soprattutto a Scala, Ravello e Tramonti è rappresentato dalle castagne. Il castagneto, tra le superfici boscate, è certamente quella che riveste il più alto interesse economico. Cresciuto prevalentemente a ceduo, se ne ricava paleria utilizzata a sostegno di agrumeti e vigneti. Limitata è invece l'estensione del castagneto da frutto (nonostante questa produzione sia vantaggiosa dal punto di vista economico) anche perché la specie è minacciata da diverse malattie. La pianta del castagno è una pianta molto precoce, che produce il frutto quasi da subito. Una volta piantata (di solito nel periodo autunnale) bisogna legare un palo vicino alla giovane pianta per proteggerla dal vento invernale, palo che verrà tolto quando la pianta sarà cresciuta. Il castagno non necessita di particolare cure. Durante il periodo autunnale iniziano a cadere i ricci di castagne e si procede alla raccolta, che dura una quindicina di giorni: quando questa termina si procede a bruciare i ricci e le foglie, per tenere pulito il castagneto. Solo ogni 3 o 4 anni si effettua la potatura della pianta.
Le castagne possono essere utilizzate per la preparazione di diversi alimenti o mangiate arrosto. La zuppa di castagne ha alimentato per secoli generazioni di abitanti dell'intera Costiera, e ha origini romane. È lo stesso Plinio a raccontare del frutto: "le castagne sono più buone da mangiare se tostate". Oggi vengono utilizzate soprattutto per farcire dolci, soprattutto i castagnacci e i cannoli con ripieno di crema di castagne, e per preparare marmellate.
Prodotto molto importante in passato, ma che oggi non riveste più grande rilevanza, è il legname. Il bosco, esteso soprattutto nel territorio del comune di Tramonti, offre diversificate possibilità di utilizzo. Già nell'antichità più o meno recente Tramonti si è distinta per un'altissima produzione di legname, derivato dal ceduo abbondantemente diffuso nella fascia montana: la legna veniva utilizzata sia per la trasformazione in prodotti d'uso quotidiano, sia come supporto alle pratiche agricole presenti nel territorio.
Numerosi documenti di archivio riportano atti redatti dall'anno 1000 in poi e riferiti a parti di terreni situati a Tramonti: in tali atti il termine "zanzaleta" indica una particolare qualità di castagna. L'impianto dei primi castagneti risale quindi a questo periodo: i castagneti sono successivamente cresciuti per numero ed estensione, anche in seguito alla pratica del terrazzamento. La coltivazione a terrazzamenti presuppone infatti la presenza di strutture di sostegno sia per le piante di limoni che per le vigne. Queste strutture sono costituite da pali disposti in senso parallelo e perpendicolare tra loro e ad una certa altezza dal suolo, in modo tale da divenire tutt'uno con la coltivazione. I pali, che col passare del tempo sono soggetti ad usura per gli agenti atmosferici a cui sono esposti, vengono sostituiti singolarmente senza disfare l'intero pergolato ed oltre a sostenere la crescita dell'albero o della vite servivano e servono ancora, specialmente nei limoneti, a consentirne la copertura nei mesi invernali.
La palificazione di un appezzamento di terreno risulta ancora molto dispendiosa, anche perché il bosco ceduo tende a scomparire a fronte dell'espansione del pascolo e del castagneto, entrambi economicamente più vantaggiosi. Infatti, soprattutto negli ultimi anni, la castagna è stata riscoperta come frutto di esportazione e, rispetto al limone, viene pagata ad un prezzo più alto già al produttore (la differenza è notevole anche per quanto riguarda il costo della manodopera che è necessario impegnare nella coltivazione del limone e nella raccolta della castagna).
A Tramonti, inoltre, lo stesso castagno veniva usato per costruire i cesti, sacrificando gli alberi più giovani ed ancora teneri.



Bibliografia
AAVV, Le arti dell'acqua e del fuoco, a cura del Centro di Cultura e Storia Amalfitana, Amalfi, 2004.
Chirico Angelo, Perito Stefania, Il libro dei limoni, Liguori Editore, 2002.
Falcone Ezio, "La tradizione culinaria della regione amalfitana, il garum e la colatura d'alici", in Rassegna del Centro di Cultura e Storia amalfitana, 6 Dicembre 1993, Nuova Serie.
Giuliano Guendalina, Il limone e la costa d'Amalfi, CO.VA.L, 2001.
Il limone I.G.P. Costa d'Amalfi, qualità, tradizione, fantasia, CO.VA.L.
La Costa d'Amalfi, paesaggio di borghi dipinti, iniziativa ideata da Cotur Costa d'Amalfi coordinamento turismo rurale, dicembre 2001.
Salerno, Costa d'Amalfi e Penisola Sorrentina, Piacenza, Itinerari srl, 2002.
Sangermano Gerardo (cur), Minori Rheginna Minor, Storia Arte Culture, Salerno, De Luca. Editore, 2000.


Fonti
www.quality-tools.com/italiano/caseificio/mozzarella/storia.htm
www.vinit.it/press/modules.php?name=News&file=article&sid=401
 
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