INTEGRATIO, Places of Cultural Integration and perspective from visiting to meating - GO TO HOME PAGE
| GO TO ENGLISH VERSION

La qualità ambientale e i fattori di rischio

La tutela, il miglioramento e, ove necessario, il ripristino della qualità ambientale sono al tempo stesso componenti fondamentali e condizioni imprescindibili di uno sviluppo coerente, integrato e duraturo del sistema locale nella sua interezza.
L'elaborazione e l'aggiornamento di una relazione completa sullo stato dell'ambiente finalizzata all'individuazione degli obiettivi e all'identificazione delle strategie e dei piani per attuarli sono perciò azioni prioritarie per le amministrazioni locali come per ogni altro organo competente.
Coerentemente con le finalità del progetto Integratio e nei limiti di questa ricerca, qui non si intende presentare un'indagine esaustiva delle problematiche ambientali che insistono sull'area oggetto di studio. Sembra tuttavia opportuno concludere l'analisi del sistema territoriale con alcune osservazioni di carattere più specifico e settoriale, più o meno direttamente connesse alla tutela del patrimonio e alle potenzialità di valorizzazione e riqualificazione non solo turistica dell'intero sistema ambientale._1
Una prima osservazione riguarda la relazione tra qualità ambientale e turismo. È evidente che la qualità ambientale intesa non solo come gradevolezza e qualità estetica del paesaggio, ma anche come salubrità e sicurezza del territorio e dell'ambiente nel suo complesso rivestono un ruolo fondamentale nel conservare, nell'incrementare o nel diminuire l'attrattività turistica dell'area (si pensi all'impatto esercitato sui visitatori dai cumuli di rifiuti non smaltiti). Ed è anche vero che la pressione turistica concorre se non al peggioramento della qualità ambientale, sicuramente a renderne più complessa la gestione (aumento della produzione di rifiuti, traffico veicolare, inquinamento atmosferico, acustico e marino e così via).
D'altro canto, la qualità ambientale non può e non deve essere ridotta al ruolo di valore aggiunto per la destinazione turistica, così come l'attrattività della destinazione non può essere adottata come motivazione prevalente della tutela o del ripristino della qualità ambientale.
Innanzitutto perché le comunità residenti sono i primi e principali fruitori dell'ambiente: a seconda dei suoi attributi qualitativi possono goderne o subirne un danno, in termini di salute ma anche molto più semplicemente di contesto e qualità della vita. In secondo luogo, perché la priorità accordata alla funzione turistica introduce inevitabilmente logiche strumentali sia nei contenuti che nelle forme delle relazioni ambientali. A questo proposito non si può tralasciare il fatto che le comunità locali siano non solo fruitrici, ma anche fattrici dell'ambiente e variabili determinanti della sua qualità.
L'obiettivo della crescita a breve termine, associato alle impellenti esigenze emerse e manifestate da una società investita da una rapidissima evoluzione socio-economica e culturale, ha certamente innescato logiche speculative connesse al turismo e al mercato immobiliare. Ha però anche determinato l'abbandono o quanto meno il degrado di amplissime porzioni di territorio che, come si è visto, ben poco hanno a che fare con i flussi e i circuiti turistici. I versanti interni, le aree montuose e collinari, i boschi, le zone periferiche degli abitati e quelle agricole o comunque "produttive" prede di manomissioni striscianti e pervasive, continuamente inquinate e compromesse dall'incuria e dalla trascuratezza ma anche da interventi aggressivi e spregiudicati di appropriazione e occupazione dello spazio: è qui, oltre la facciata e le forme esteriori dei siti più noti, che si manifestano la territorialità e le relazioni ambientali endogene, non influenzate dal fenomeno turistico. E certo non si può dire che esse siano meno dannose per l'ambiente della pressione turistica o delle logiche che il turismo ha importato.
Si è ritenuta necessaria questa premessa perché il progetto punta ad una valorizzazione globale delle potenzialità del sistema locale, e perché nell'ottica del decentramento e della diversificazione l'intero territorio dovrà esserne coinvolto. Questo implica la necessità di rendere fruibili, sicure e "presentabili" aree tuttora pressochè inaccessibili (si pensi ai boschi) o degradate, ma significa soprattutto superare la dicotomia che si è instaurata tra le aree turistiche e non, rinegoziando le funzioni e restituendo pari dignità ad entrambe.
La prima tematica da affrontare riguarda il dissesto idrogeologico. Come si è già più volte avuto modo di osservare, si tratta di un fattore di rischio cui la Costa d'Amalfi è fortemente esposta per la sua natura geologica e morfologica. La recente espansione edilizia ha accresciuto la pericolosità del territorio: sia perché ha creato condizioni tali da facilitare gli episodi franosi, sia perchè è avvenuta nel contesto di una generalizzata sottovalutazione del rischio, con strutture e nuove abitazioni sorte in valloni e lungo versanti di per sé instabili o collocati lungo le probabili direttrici delle colate di fango.
Secondo quanto emerso dallo studio del C.U.G.R.I. (Consorzio inter-Universitario per la Previsione e Prevenzione dei Grandi Rischi - Università di Salerno) citato e analizzato nel Piano socio-economico della Comunità Montana, il territorio di Positano e Praiano risulta relativamente poco esposto al rischio di eventi alluvionali: le frane di dimensioni maggiori sono state tuttavia riconosciute lungo il corso del torrente che sfocia a Marina di Praia, proprio in una delle zone maggiormente coinvolte dalla crescita recente di Praiano. Nel novembre del 2004 si è verificato uno smottamento nei pressi del ponte della Praia, al confine tra Praiano e Furore: nello stesso punto si era abbattuta un'altra frana non più di quattro anni prima. Qualche mese prima, nell'aprile 2004, una frana verificatasi nei pressi del Fiordo di Furore aveva provocato la chiusura della SS 163 e il temporaneo isolamento di Praiano e Positano dal resto della Costiera: per limitare i disagi furono intensificati i collegamenti marittimi tra Positano e Amalfi.
Il territorio di Conca dei Marini è stato interessato sia da colate rapide di fango innescate da piogge eccezionalmente intense (come è avvenuto nell'ottobre del 1954) che da frane di crollo distaccatesi dai fronti rocciosi: la più recente risale al 1996 e ha riguardato la parete che scende a picco sulla spiaggia, dove un'abitazione è stata distrutta.
Ad Amalfi ripetute frane (almeno due, nel 1899 e nel 1924) hanno interessato il versante dove si trova l'ex Convento dei Cappuccini. La porzione di territorio compresa tra Amalfi e Maiori risulta particolarmente esposta al rischio di colate rapide: in parte per l'articolazione più complessa tanto del rilievo quanto della rete idrografica superficiale; in parte per il consistente accumulo di depositi piroclastici e di detriti.
Frane di notevoli dimensioni sono state localizzate in molti degli impluvi che convergono nella valle del torrente Sambuco, ma è certamente il vasto e articolato bacino del Regina Major a presentare il grado di rischio più elevato. Già nel territorio di Tramonti, la compresenza di versanti di faglia e di numerose valli secondarie ha determinato l'accumulo di ingenti quantità di detriti sia alla base dei versanti che allo sbocco delle valli nell'invaso principale, dove vere e proprie conoidi si sono formate a seguito di colate di fango dai bacini influenti. Dati i vincoli imposti dall'orografia, molti dei nuclei di Tramonti sono sorti proprio nelle aree ricoperte dai detriti, spesso terrazzandole. Nella porzione superiore del bacino sono state inoltre rilevate frane di crollo distaccatesi dalle pareti più acclivi e connesse alla presenza di tufo situato al di sotto delle piroclastiti.
Nel territorio di Maiori, l'ampia valle del Regina Major riceve numerosi rami affluenti sia dalla destra che dalla sinistra orografica. Ognuno di questi torrenti possiede a propria volta un bacino idrografico articolato, spesso gerarchizzato in più rami: nei valloni e nelle conche che incidono il rilievo sono sedimentati gli accumuli di materiali di origine vulcanica che più facilmente generano colate di fango. È quanto è accaduto nel 1954, allorchè le frane e i dissesti verificatisi nei diversi rami sono confluiti nei valloni secondari e quindi nel fondovalle principale, generando la disastrosa colata di fango che ha percorso la valle fino a riversarsi in mare. Contemporaneamente, numerosi distacchi hanno interessato i terrazzamenti agricoli disposti lungo i versanti, andando ad aumentare il volume dei materiali trasportati. È utile ricordare che i danni dell'alluvione del 1954 sono stati particolarmente ingenti nei pressi di Ponteprimario, ossia in quella zona che la crescita edilizia sta trasformando in un'unica, continua agglomerazione.
Al confine tra Maiori e Cetara, l'esondazione del torrente Canneto ha colpito l'abitato di Erchie nel novembre 2004. Nel territorio di Vietri sul Mare, anche i rami influenti del torrente Bonea sono stati interessati da numerosi ed ingenti episodi franosi che hanno determinato il distacco della coltre di materiale piroclastico e la sua successiva canalizzazione nel vallone principale. Lo studio del C.U.G.R.I. segnala infine il rischio di crolli e distacchi generati dai fenomeni di dissesto nelle sezioni superiori del corso dei torrenti, soprattutto in corrispondenza dei crinali.
L'ampia superficie ricoperta da boschi fa sì che nella nostra area anche il rischio di incendi sia particolarmente elevato. La situazione è aggravata dall'incuria che accompagna l'abbandono dei boschi una volta che questi smettano di svolgere un ruolo produttivo nell'economia locale e, ancor più, dagli appetiti speculativi del mercato immobiliare alle prese con la mancanza di aree edificabili. Negli anni recenti si è verificato un forte incremento del numero degli incendi e soprattutto dell'estensione della superficie colpita: la morfologia rende infatti particolarmente complesso lo spegnimento, cosicchè i danni provocati dai singoli episodi in termini di ettari percorsi dal fuoco risultano sensibilmente superiori alla media regionale.
Come riportato nel Piano socio-economico della Comunità Montana, tra il 1990 e il settembre del 2000 sono bruciati quasi 2100 ha, pari al 21% della superficie dei tredici comuni interessati dalla ricerca e al 58% dell'area ricoperta da boschi. Gli anni peggiori sono stati il 1993 con quasi 307 ettari bruciati, il 1997 con più di 354 ettari e il 2000, che in nove mesi ha visto bruciare più di 645 ettari. In valore assoluto, i comuni più colpiti sono stati Tramonti con 580 ettari e Maiori con più di 536. Rapportando gli ettari bruciati alla superficie comunale è però Cetara ad aver sofferto di più: in media, ogni anno è bruciato il 6,65% del territorio (tabella 1.15).
Secondo i dati forniti dalla Comunità Montana, tra il 2000 e l'ottobre 2004 si sono verificati poco più di cento incendi, dei quali 23 a Maiori e 38 nel territorio di Tramonti. Nella tabella 1.16 l'incendio che nel 2000 ha colpito Cetara e Maiori è conteggiato per entrambi i comuni: lo stesso metodo si è seguito per l'incendio che nel 2002 ha interessato Ravello e Scala e per quello che nel 2003 si è esteso a Maiori e Tramonti investendo una superficie di quaranta ettari.
In cinque anni risultano bruciati più di 1434 ha, dato che esprime un'ulteriore, allarmante intensificazione del fenomeno rispetto agli anni Novanta (2100 ha in undici anni). Come nel decennio precedente, i comuni più colpiti risultano Maiori, Cetara e Tramonti, seguiti da Scala e Positano (tabella 1.17).
Anche per l'analisi del ciclo integrato delle acque si farà riferimento a quanto contenuto nel Piano socio-economico della Comunità Montana "Penisola Amalfitana", riportando alcuni dei risultati dell'indagine.
Per quanto riguarda i consumi e i fabbisogni idrici, si rileva come la disponibilità idrica pro-capite risulti insufficiente per quasi tutti i comuni e soprattutto nel periodo estivo, evidentemente a causa della maggiore domanda determinata dall'afflusso turistico. Secondo le valutazioni contenute nel Piano socio-economico, le situazioni più critiche sarebbero quelle di Amalfi, Atrani, Conca dei Marini, Maiori, Positano e soprattutto Praiano: si tratta di comuni che nella stagione estiva raddoppiano (Atrani e Conca dei Marini), triplicano (Positano e Praiano), quadruplicano (Amalfi) o addirittura moltiplicano per sei (Maiori) la propria popolazione. Le cause dell'insufficiente disponibilità idrica vanno ricercate nelle cattive condizioni della rete di distribuzione, che provocherebbero perdite stimabili tra il 30% e il 50% dell'acqua immessa in rete.
I carichi inquinanti complessivi sono stati calcolati in abitanti equivalenti sommando la popolazione residente, la popolazione fluttuante connessa all'afflusso turistico e le attività produttive, industriali e non. Dall'analisi risulta che la maggior parte dei carichi inquinanti proviene da Maiori (49646 abitanti equivalenti, di cui 30000 fluttuanti a fronte di nemmeno 6000 residenti), Amalfi (35979 abitanti equivalenti, di cui 15000 fluttuanti e ben 15410 equivalenti alle attività produttive), Vietri sul Mare (32361 abitanti equivalenti distribuiti in modo piuttosto omogeneo tra le tre categorie e con una prevalenza delle attività produttive), Ravello (26681 abitanti equivalenti, di cui ben 21668 imputabili alle attività produttive) e Minori (21257 abitanti equivalenti, anche qui con una nettissima prevalenza delle attività produttive: oltre 15000 abitanti equivalenti).
Dall'analisi degli aspetti infrastrutturali emergono alcune criticità che sembra opportuno riportare. Innanzitutto l'inadeguatezza e il cattivo funzionamento delle reti fognarie, che oltretutto non servono l'intero territorio. In secondo luogo il fatto che parte delle acque reflue del comune di Cava de' Tirreni venga sversato nel torrente Bonea che come è noto sfocia a Vietri, mentre il comune di Agerola fa lo stesso con il torrente Furore. Infine Ravello, Scala e Tramonti riversano le proprie acque reflue nei corsi d'acqua (Dragone, Sambuco, Regina Major) che le trasportano nelle aree costiere di Atrani e di Maiori.
Anche i depuratori risultano insufficienti e inadeguati, soprattutto in concomitanza dell'aumento dell'utenza che si registra durante l'estate. Ad eccezione di Tramonti e Conca dei Marini, tutti i comuni risultano possedere degli impianti di depurazione. Tuttavia, all'epoca della stesura del Piano socio-economico (ultimato nel novembre del 2000) solamente gli impianti di Amalfi, Furore, Minori, Positano e Vietri effettuavano trattamenti secondari: tutti gli altri si limitavano a trattamenti di tipo fisico o meccanico, comunque insufficienti ad abbattere i carichi inquinanti in misura significativa. Inoltre, nel Piano si segnalano l'assenza e la necessità di una verifica dell'efficienza delle condotte sottomarine, delle quali spesso è sconosciuta perfino l'ubicazione.
Inevitabilmente, lo scarico di acque reflue non adeguatamente o per nulla trattate nei corsi d'acqua o direttamente in mare pregiudica la qualità delle acque costiere. Nel 2000, nove tratti di costa su tredici risultavano non idonei alla balneazione ai sensi del D.P.R. dell'8 giugno 1982, n° 470. Nel complesso, la qualità delle acque antistanti le zone di balneazione appare poco o per nulla soddisfacente: fatto che dovrebbe indurre comunque a una seria riflessione, ma che appare particolarmente grave e allarmante nel caso di un'area turistica la cui offerta è quasi esclusivamente imperniata sul turismo balneare estivo.

1_Per una trattazione più specifica e dettagliata delle problematiche ambientali si rimanda alla sezione del Piano socio-economico della Comunità Montana Penisola Amalfitana dedicata a "L'ambiente fisico".
 
Approfondimenti
Allegati
  • documents
download
Tabella 1.15 Superficie colpita da incendi 1990-2000 download >>
download
Tabella 1.16 Numero di incendi 2000-2004 download >>
download
Tabella 1.17 Superficie colpita da incendi 2000-2004 download >>
| FORUM
Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali - Villa Rufolo - 84010 Ravello - Italia - tel. +39.089.857669/089.858101