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Analisi critica dei contenuti e delle forme

L'analisi critica dei contenuti e delle forme dell'attuale valorizzazione del patrimonio è stata condotta sulla scorta di quanto emerso dall'indagine sul campo e dal censimento dei beni, in particolare da quanto riportato nelle voci "Modalità della fruizione attuale" e "Opportunità" presenti in ognuna delle schede.
I beni sono stati quindi suddivisi in sei categorie, assumendo come criterio la presenza di criticità o di potenziali margini di miglioramento riguardanti:
- la visibilità: beni poco noti, non segnalati, non adeguatamente promossi...
- la raggiungibilità: beni difficilmente raggiungibili a causa delle condizioni di manutenzione o sicurezza delle vie d'accesso
- l'accessibilità: beni monumentali sempre chiusi, con orari di apertura limitati o non definiti, di proprietà privata, per i quali è necessaria la prenotazione o la richiesta...
- la leggibilità: mancanza o inadeguatezza di strumenti e opportunità di comprensione del bene e dei suoi valori e significati (con riferimento specifico alle ragioni e ai contenuti che hanno portato ad inserire il bene nell'ambito del patrimonio culturale);
- lo stato di conservazione e il livello di integrità: beni non tutelati, abbandonati all'incuria, degradati, manomessi, che rischiano di scomparire...

Evidentemente, l'analisi conserva un margine di soggettività e non vuole in alcun modo proporsi come esaustiva nè, a maggior ragione, come definitiva. Trattandosi tuttavia di una metodologia innovativa (soprattutto per l'inclusione del patrimonio immateriale), se ne presentano i risultati come prima base di confronto, dibattito e riflessione: i risultati auspicati consistono in una più precisa e approfondita conoscenza dello stato del patrimonio e delle sue modalità di valorizzazione, e in una consapevole presa di coscienza delle problematiche e delle opportunità esistenti.

Nell'ottica del progetto Integratio ci si vuole rivolgere ai decisori e ai responsabili sia dell'offerta turistica locale che della gestione del patrimonio culturale; ad attori che operano in altri potenziali casi di studio dove la stessa metodologia potrebbe trovare applicazione; alla comunità locale e agli stessi visitatori, per coinvolgerli e sensibilizzarli.

Ad un primo colpo d'occhio, il censimento dei beni materiali e immateriali presenti sul territorio della Costa d'Amalfi ha evidenziato la presenza di:
1. 31 beni fruibili e adeguatamente valorizzati.
Si tratta di 15 beni monumentali (dei quali 5 sono musei), due produzioni artigianali ed alcune manifestazioni, sagre e celebrazioni ben note o il cui svolgimento è comunque coerente con i contenuti e le finalità alla base dell'evento;
2. 121 beni fruibili con margini di miglioramento della valorizzazione.
In questa categoria ricadono una produzione artigianale; i cinque prodotti tipici riconducibili alla pesca e alle specifiche pratiche agricole della Costa d'Amalfi; quattordici specialità gastronomiche; dodici tra feste e ricorrenze religiose; un sito naturalistico; i valori simbolici che i viaggiatori del passato hanno attribuito ai luoghi (per semplificare l'esposizione sono stati riuniti in cinque schede riferite a specifici territori comunali); 83 beni monumentali.
3. 17 beni non fruibili.
Tra questi, l'intero patrimonio rappresentato dai miti e dalle leggende; due specialità gastronomiche che vengono preparate esclusivamente nel contesto familiare e che non sono proposte né negli esercizi di ristorazione né in occasione di sagre o feste; 8 beni monumentali tra i quali due siti archeologici.
4. 26 beni fruibili con margini di miglioramento della valorizzazione che INOLTRE presentano criticità nello stato di conservazione e/o nel livello di integrità.
In questa categoria ricadono: una produzione artigianale; due ricorrenze tradizionali legate al calendario liturgico; una danza e gli strumenti musicali; quattro siti naturalistici; 17 beni monumentali.
5. 9 beni non fruibili che INOLTRE presentano criticità nello stato di conservazione e/o nel livello di integrità.
Si tratta di due produzioni artigianali; due danze; una specialità gastronomica; quattro beni monumentali.
6. 7 beni del tutto o in parte perduti:
tre beni monumentali, tre feste e una sagra.

Le criticità rilevate nella presentazione e fruizione del patrimonio materiale e immateriale sono differenti, come diverse sono le ragioni per le quali i beni rientrano in una categoria piuttosto che in un'altra.
Per quanto riguarda il patrimonio monumentale, il semplice fatto che i beni fruibili e adeguatamente presentati siano costituiti per un terzo da musei situati ad Amalfi, Ravello e Vietri e per i restanti due terzi dalle più note emergenze architettoniche (chiese e ville) di Amalfi, Ravello, Positano e Minori e dal principale sito archeologico di Minori è fortemente indicativo sia della localizzazione che delle forme e dei contenuti dell'offerta culturale della Costa d'Amalfi. In sintesi, essa appare concentrata nei centri trainanti del sistema turistico locale ed essenzialmente focalizzata sui siti già noti e più facilmente visibili e riconoscibili.
A questa categoria potrebbe appartenere anche la Cappella rupestre di San Michele Arcangelo a Tramonti, ben preservata e ottimamente presentata da pannelli esterni ma fortemente penalizzata dalla localizzazione nel comune "montano", che la rende difficilmente raggiungibile e praticamente sconosciuta, e dalla mancanza di un adeguato contesto di richiami e rimandi agli altri, numerosi, siti rupestri presenti in tutto il territorio della Costa.

Le più frequenti criticità che sono emerse dall'analisi della presentazione e della fruizione del patrimonio materiale, e che hanno indotto ad includerne la maggior parte nella seconda categoria, possono essere così sintetizzate:
- Non tutte le evidenze architettoniche sono visitabili: chiese in disuso, strutture non sicure dal punto di vista statico, evidenze di proprietà privata spesso, ma non sempre, visibili dall'esterno. Si rilevano alcuni casi di uso decisamente improprio.
- Siti difficilmente raggiungibili perché non segnalati o a causa della non buona manutenzione dei sentieri. In alcuni casi, è necessaria l'attrezzatura da arrampicata.
- Gli orari di apertura sono spesso limitati (molte chiese sono aperte solo durante le celebrazioni), e siti di grande valore artistico sono visitabili solo su richiesta (ad esempio al parroco, al Municipio, alla Pro Loco o addirittura a privati) e/o con preavviso.
- Molti siti ed evidenze sono completamente abbandonati e perciò degradati. In altri casi, interventi più o meno recenti hanno comportato la manomissione delle strutture. Esiste la concreta possibilità che alcuni beni scompaiano definitivamente.
- Per quasi tutti i beni censiti si rileva l'assenza di supporti informativi atti a segnalare la presenza del bene e a presentarne le caratteristiche ed il valore storico e artistico.
- Analogamente, non vi è praticamente nessun bene che sia contestualizzato, ossia inserito in un percorso di visita a carattere geografico (comunale) o tematico, che potrebbe essere facilmente proposto tramite dépliant (solo alcuni Comuni, ad esempio Maiori e Ravello, propongono sui propri siti web itinerari tematici). Questo finisce per penalizzare il patrimonio diffuso e i beni meno noti e meno visibili, condannandoli all'abbandono e impedendo la comprensione di valori e significati che possono emergere solo da una visione d'insieme delle testimonianze. La proposta "puntiforme" rischia così di risultare banale, superficiale e dunque poco interessante e ancor meno attrattiva.

Tra i beni monumentali fruibili che presentano simili problematiche, 17 manifestano inoltre criticità nello stato di conservazione e/o nel livello di integrità. Di questi, quasi la metà sono torri costiere, abbandonate o di proprietà privata e manomesse nelle strutture dagli adattamenti ad abitazione. Nella stessa categoria ricadono i quattro castra di Ravello, Scala e Tramonti, che nonostante i diversi stati di conservazione sono accomunati dal fatto di essere poco o per nulla conosciuti, per lo più difficilmente raggiungibili, assolutamente non valorizzati né presentati e anzi abbandonati al degrado. Sorte analoga è toccata alla Grotta di S. Barbara a Furore, a tre evidenze di architettura religiosa che sopravvivono allo stato di rudere (la Cappella di S. Costanzo a Praiano, la chiesa di S. Barbara a Ravello e quella dell'Annunziata a Minori), e alla villa rustica romana rinvenuta a Tramonti.
Fatti salvi gli opportuni interventi di tutela e recupero, la maggior parte delle criticità evidenziate potrebbero essere risolte rimuovendo (almeno parzialmente) gli attuali ostacoli alla fruizione e migliorando sia i contenuti che le forme della presentazione: ad esempio tramite materiale informativo cartaceo da distribuire nei singoli monumenti; oppure predispondendo dei supporti multimediali che, collocati nei siti, ne forniscano una presentazione, anche interattiva, integrata da riferimenti e rimandi ad itinerari tematici; ancora, equiparando la gestione dei contenitori espositivi e del materiale in distribuzione in modo da fornire un'immagine complessiva dell'offerta riconoscibile sull'intero territorio.
I beni monumentali non fruibili consistono in un sito archeologico localizzato nel comune di Positano, in sei evidenze di architettura religiosa e nel porto romano situato a Vietri sul Mare. La non fruibilità della villa marittima di epoca romana rinvenuta a Positano è determinata dalle precarie condizioni statiche: sebbene parte del materiale recuperato sia visibile nell'Antiquarium di Minori, si rileva l'assenza di pannelli situati in loco che potrebbero ben presentare la struttura, rendendola fruibile anche se non visitabile. Ad Amalfi, il chiostro di S. Pietro alla Canonica è inaccessibile da quando è stato chiuso l'albergo Cappuccini, che occupava gli ambienti del convento. Le due cappelle presenti a Praiano risultano non fruibili perché chiuse, così come le restanti tre chiese situate a Maiori e a Vietri sul Mare. Per ognuna di queste strutture sarebbe auspicabile l'apertura ma, ove non fosse possibile, è comunque necessario segnalarne la presenza e fornirne una presentazione tramite la distribuzione di materiale informativo e pannelli situati all'esterno. Per prendere visione del porto romano di Vietri è necessaria un'immersione subacquea.

Altri quattro beni monumentali risultano non fruibili e presentano inoltre criticità nello stato di conservazione o nel livello di integrità: si tratta della villa marittima romana presente sull'isolotto del Gallo Lungo, inglobata e ricoperta dalle costruzioni moderne e comunque inaccessibile perché l'isola è di proprietà privata; della Grotta dei Santi ad Atrani, di proprietà privata e dove l'azione degli agenti atmosferici e gli atti di vandalismo rischiano di compromettere definitivamente il ciclo pittorico; del Palazzo della Marra a Ravello, le cui strutture superstiti sono di proprietà privata; infine, della Grotta dell'Annunziata a Minori, anch'essa di proprietà privata e adibita a parcheggio. Tali beni necessitano, oltre che di forme di fruizione "indiretta" simili a quelle auspicate per le altre evidenze non fruibili, di interventi di recupero o quantomeno di tutela dell'esistente.
Infine, risultano ormai scomparsi la Cappella di S. Bartolomeo a Praiano e il Castello di S. Maria La Nova a Tramonti, mentre della Chiesa di S. Maria di Costantinopoli a Cetara sopravvivono solo i muri perimetrali. Di questi beni importa non perdere la memoria storica, segnalandone l'ubicazione e la funzione in una presentazione organica di carattere geografico (comunale) o tematico.

Rispetto ai beni monumentali, il patrimonio immateriale presenta problematiche differenti, strettamente attinenti alle ragioni per le quali determinate espressioni, pratiche e consuetudini possono essere incluse nel patrimonio culturale locale.
Nel caso dell'artigianato, il "bene" da tutelare e presentare non è l'oggetto prodotto, ma piuttosto la capacità di produrlo con tecniche, materiali e procedimenti specifici che affondano le proprie radici nella storia e nella tradizione locale. Così, la carta a mano di Amalfi e la ceramica di Vietri risultano fruibili e adeguatamente presentate perché possono contare su strutture museali che rendono accessibili e comprensibili le specifiche regole del "saper fare" che ne sono alla base e ne costituiscono il valore culturale.
Alla categoria dei beni fruibili e adeguatamente presentati appartengono anche alcuni eventi, sagre e manifestazioni che ricadono nel patrimonio culturale in quanto momenti fondamentali del calendario liturgico (Natale), perché ispirati dai valori simbolici, dai significati culturali o dalla storia dei luoghi (il Festival Wagneriano di Ravello, il Capodanno Bizantino e la Regata per Amalfi ed Atrani) o, ancora, perché celebrano e propongono i prodotti tipici e le specialità della tradizione gastronomica (il "Gusta Minori", ma anche le numerose sagre organizzate lungo tutto il corso dell'anno nei diversi centri della Costa).
Analogamente a quanto rilevato per il patrimonio monumentale, è facile constatare come i beni immateriali che sono già oggetto di attenzione e di un'adeguata presentazione coincidano con le produzioni artigianali più visibili e maggiormente commercializzate e con eventi, in alcuni casi piuttosto recenti, di grande risonanza e richiamo: già nel caso delle sagre si potrebbero obiettare la scarsa pubblicità (soprattutto per quelle che si svolgono nei centri "interni" di Scala e Tramonti) e la mancanza di approfondimenti (informazioni, dimostrazioni) sui prodotti. Di nuovo, sembra che l'offerta culturale si concentri sul già noto, in particolare sulle emergenze delle principali località turistiche (Amalfi, Vietri, Ravello cui si aggiunge Minori).

Parlando di eventi e manifestazioni, è evidente che le celebrazioni religiose e le ricorrenze tradizionali rivestono un valore culturale differente rispetto alle sagre e ai veri e propri "eventi": esse sono beni culturali in sé e per sé, e non per ciò che veicolano, rievocano o rappresentano. Sono momenti collettivi che tradizionalmente scandiscono il tempo della comunità, caricati di valori simbolici e di usi e consuetudini che assumono una funzione quasi rituale. La fruizione di simili beni riguarda in primo luogo la collettività, che se ne fa attore e spettatore: sono beni che per loro stessa natura mutano al mutare dell'identità condivisa, ed è fatale che alcuni finiscano per venire meno (risultano infatti scomparse tre feste e una sagra). È pur vero che le celebrazioni e le ricorrenze possono essere presentate anche ai visitatori che si trovino ad assistervi e che, per poterne riconoscere e comprendere il valore culturale, dovrebbero essere resi partecipi dei significati e delle ragioni che ne sono alla base (per questo sarebbe sufficiente mettere a disposizione dei piccoli supporti cartacei).
Proprio tale assenza di comunicazione ha indotto ad includere dodici feste, ricorrenze e celebrazioni tra i beni sì fruibili (è sufficiente trovarsi sul posto), ma con margini di miglioramento della valorizzazione. Nella stessa categoria rientra, come produzione artigianale, la moda Positano, nella misura in cui ne vengono ampiamente commercializzati i prodotti lasciando però in ombra la lunghissima tradizione tessile che ne giustifica l'esistenza.
Analogamente, i cinque prodotti della pesca e dell'agricoltura fanno parte del patrimonio culturale per le pratiche, le consuetudini e le specifiche tecniche che presuppongono: in assenza di una presentazione adeguata rimangono accessibili come prodotti immessi sul mercato, ma non comprensibili né apprezzabili nella loro specificità e nel loro valore di beni culturali. In questa stessa categoria di beni ricadono quattordici specialità gastronomiche solitamente proposte da ristoranti e pasticcerie, ma delle quali non sono valorizzate le origini storiche, i legami con il mondo contadino, con i ritmi delle stagioni o con le ricorrenze religiose, i significati sociali, le ragioni della scelta degli ingredienti e le abilità della preparazione.

Ben più complesso è il caso dei valori simbolici attribuiti alla Costa d'Amafi dai viaggiatori del passato e indelebilmente radicati nell'identità dei luoghi. Complici la massificazione del fenomeno turistico e le esigenze della promozione commerciale, tali valori sono stati e vengono tuttora riciclati sotto forma di banali stereotipi: sono fruibili, ma solo perché non vi è visitatore che giunga in Costa d'Amalfi senza essere preventivamente suggestionato da certi "miti". Fatte salve le numerose ma pur sempre sporadiche mostre e pubblicazioni, l'offerta locale non fa nulla per riportare tali suggestioni al loro valore culturale e identitario: nella comunicazione con i visitatori l'interpretazione di questi beni è assente e la presentazione, quando c'è, coincide con la mistificazione degli stereotipi.

Tra i beni immateriali fruibili, ma con margini di miglioramento della valorizzazione, cinque presentano criticità tali da esporli al rischio di scomparire. In primo luogo l'arte dei cestai di Tramonti: i prodotti, più o meno autentici, vengono proposti nei negozi che si rivolgono ai turisti, ma nulla è dato sapere su questo specifico "saper fare" che va ormai scomparendo. A Praiano, i festeggiamenti per il Carnevale sono stati abbandonati e anche le celebrazioni per la Festa di San Luca sono diverse rispetto al passato. Per nulla valorizzati (non vi è alcuna forma di presentazione, e i visitatori possono sperare di vederli solo per un caso fortuito) sono inoltre la tammurriata e gli strumenti musicali in uso nella Costa: il rischio è che l'oblìo ne determini la scomparsa.
Non fruibile risulta l'intero patrimonio dei miti e delle leggende: non esiste alcuna pubblicazione a riguardo e non vengono riportati nel materiale informativo ad uso dei visitatori, che potrebbero venirne a conoscenza solo attraverso un improbabile dialogo con gli abitanti del luogo (in realtà si tratta di un patrionio spesso sconosciuto agli stessi locali). Inaccessibili ai visitatori sono inoltre la caponata e il migliaccio, perché introvabili nei ristoranti e nemmeno proposti in occasione di sagre o feste.
Vi sono inoltre cinque beni immateriali che, oltre a non essere fruibili, rischiano di andare per sempre perduti: l'arte del ferro battuto, pressochè sconosciuta e del tutto ignorata; le palmette di Conca dei Marini, che qualcuno ancora prepara ma solo ad uso privato; la tarantella e la pizzica, due danze che a differenza della tammurriata non sono associate ad alcuna ricorrenza specifica; la minestra maritata, che nel contesto familiare si prepara ancora ma con ingredienti e modalità certamente diverse da quelli tradizionali.

Il patrimonio immateriale esige una particolare attenzione. In primo luogo perché comprende una miriade di beni diffusi che richiedono un'interpretazione organica, approfondita e in continuo aggiornamento e una presentazione originale, in grado di coinvolgere e incuriosire i visitatori orientandoli verso forme di fruizione sensibili e consapevoli (il rischio è quello di scadere nel folcloristico, di artificializzare o spettacolarizzare beni la cui esistenza prescinde dalla fruizione turistica). Inoltre, tale patrimonio rappresenta una formidabile opportunità di portare la proposta turistica oltre la superficie e l'evidenza sensibile dei luoghi, attraverso una lettura per successivi livelli di profondità che ne lasci emergere le specifiche rappresentazioni, i saperi e i saper fare che ne fanno un unicum e senza i quali la Costa d'Amalfi rischia di ridursi ad un banale guscio, vuoto e soprattutto muto.
Sebbene l'analisi riguardi essenzialmente il patrimonio culturale, è sembrato opportuno prendere in considerazione anche i principali siti di interesse naturalistico, se non altro perché si tratta di luoghi che fondono inscindibilmente il pregio dell'ambiente naturale con i segni della costruzione umana del paesaggio e del territorio. I siti considerati sono tutti fruibili, ma nessuno appare adeguatamente presentato. Per il Fiordo di Furore si rileva sostanzialmente l'assenza di supporti informativi (si è pensato a dei semplici pannelli); il Sentiero degli Dei, la Valle delle Ferriere, Capo d'Orso e il Vallone Porto richiedono inoltre degli interventi di recupero per tutelarne il valore ambientale e rendere più agevole la fruizione (il riferimento è soprattutto alla manutenzione dei sentieri, ma anche alla qualità e alla sicurezza ambientale).
Nel complesso, l'analisi fin qui condotta ha messo in luce un gigantesco divario tra i contenuti e le forme dell'attuale proposta culturale e le potenzialità del territorio, dal punto di vista sia quantitativo (il numero di beni fruibili ed effettivamente presentati rispetto al totale dei beni censiti) che qualitativo (le tipologie di beni valorizzati e i contenuti della loro presentazione).
Come si è già avuto modo di notare, la proposta turistica è focalizzata sulle emergenze localizzate nelle località più note e turisticamente sviluppate, con un'attenzione quasi esclusiva al patrimonio monumentale (nella scelta dei fattori di attrazione, elementi condizionanti e fattori di inerzia sono la storia turistica e le "immagini" celebrate, sedimentate e radicate nell'immaginario collettivo, dalle quali l'offerta ancora non riesce a svincolarsi)._1 Rispetto a tale nucleo, i beni diffusi materiali e immateriali rappresentano un contesto anonimo, un'appendice trascurabile e trascurata. Nella quasi totalità dei casi, si rileva inoltre una certa leggerezza e noncuranza nell'approccio al patrimonio: la frequente carenza, o assenza, di interpretazione si riflette nella superficialità della presentazione e nell'inadeguatezza della fruizione proposta, che finiscono per penalizzare ulteriormente il patrimonio diffuso, meno noto e meno visibile.

Se in Costa d'Amalfi non si sono affermate (non ancora) forme particolarmente aggressive di strumentalizzazione e mercificazione del patrimonio culturale, è anche vero che i due aspetti appena evidenziati già comportano un allarmante e non giustificabile processo di selezione. Innanzitutto, una simile offerta non fa che confermare e approfondire gli squilibri del sistema territoriale, contribuendo a radicare la dicotomia tra aree congestionate e aree abbandonate. In modo analogo, il suo carattere esasperatamente "puntiforme" finisce per isolare i beni di maggiore attrazione banalizzandoli e usurandoli, condannando all'oblìo e al degrado (o addirittura alla scomparsa) il resto del patrimonio.
La comune tendenza a sfruttare i vantaggi già acquisiti e a contare su una presunta "rendita di posizione" fanno il resto: la presentazione banale e la qualità, non sempre buona, della proposta culturale indeboliscono le motivazioni turistiche, provocando un calo di interesse per i beni già noti senza offrire opzioni alternative. Il tutto si traduce in una perdita di competitività per l'intero sistema, fatto che risulta tanto più paradossale quanto più si rifletta sullo sterminato serbatoio di beni non valorizzati, dimenticati, sprecati, abbandonati, degradati o esauriti.
In breve, dall'analisi è risultata una proposta culturale perfettamente coerente con quanto già emerso a proposito dell'attuale immagine turistica._2 Ma c'è di più. Le forme e i contenti della valorizzazione del patrimonio culturale possono contribuire a spiegare perché non si riesca tuttora a realizzare quell'aspirazione alla diversficazione e al decentramento che è lampante nell'immagine commerciale: la diversificazione esige l'individuazione, l'impiego e la tutela di risorse nuove e specifiche che, nella fattispecie, non vengono nemmeno prese in considerazione; il decentramento, una visione globale del sistema nelle sue debolezze e opportunità, visione che non può prescindere dalla conoscenza dei beni culturali e del loro contesto. A tutt'oggi, nessuna di queste condizioni è realizzata: in assenza di una solida base conoscitiva e di programmi di ampio respiro (sia nel tempo che nello spazio), i tentativi sortiscono l'unico risultato di generare "rumore" e confusione, distogliendo l'attenzione dai reali punti di forza e fattori di unicità dei singoli centri e della Costa d'Amalfi in generale.
Se questa è la direzione che si è scelto di seguire, è necessario prendere coscienza delle conseguenze nel breve e ancor più nel lungo periodo. E tuttavia, ciò che importa sottolineare è il fatto che nonostante tutto la Costa d'Amalfi possa ancora contare su un ampio e ricco patrimonio di beni irripetibili ma spesso esauribili, un patrimonio sconosciuto e per molti aspetti insondato che esige di essere compreso e tutelato per poter essere comunicato.
Nel contesto di questa ricerca non è stato possibile approfondire la tematica del rapporto che i residenti intrattengono con il proprio patrimonio: si tratta comunque di un aspetto non trascurabile, soprattutto ove si consideri la profonda evoluzione dell'identità locale che ha accompagnato le trasformazioni della sfera economica, sociale e prettamente culturale. In termini generali, è forse possibile ipotizzare un effetto a catena: infatti, se la consapevolezza locale del valore del patrimonio e la sua interpretazione rappresentano le condizioni per renderlo una risorsa turistica, non è escluso che un rinnovato approccio, l'interesse dei visitatori e la stessa esigenza/opportunità di raccontarsi possano funzionare come fattori di sensibilizzazione, responsabilizzazione e autointerpretazione.

Per ognuno dei beni censiti sono state individuate opportunità di migliorare l'interpretazione, la tutela, la presentazione o la fruizione: non è troppo tardi, ma è necessario che gli interventi siano tempestivi e soprattutto organici, inseriti in un contesto coerente allargato all'intero sistema locale. Si tratta, tra l'altro, di una direzione coerente con le esigenze e le aspettative espresse da molti visitatori._3
Nel patrimonio, in particolare nella galassia dei beni diffusi, risiede l'opportunità di riportare alla luce l'unicità e l'identità storica della Costa, per immaginare un futuro meno contraddittorio e costruire una nuova identità turistica fondata sulla capacità di comprendere e comunicare se stessi e i propri luoghi.


1_Si veda, nel capitolo su "Il sistema locale", il paragrafo dedicato al turismo (in particolare, "La storia turistica della Costiera Amalfitana"
2_Si veda, nel capitolo su "Il sistema locale", il paragrafo dedicato al turismo (in particolare, "Immagine turistica, aspettative e motivazioni")
3_Si veda, nel capitolo su "Il sistema locale", il paragrafo dedicato al turismo (in particolare, "Le risposte dei visitatori")
 
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