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Storia

La Costa d'Amalfi è stata coinvolta in vicende storiche che l'hanno vista protagonista indiscussa del panorama politico dell'Italia meridionale determinandone e influenzandone ogni aspetto, dall'economia ai caratteri dell'insediamento.
L'antropizzazione durante il Paleolitico inferiore e superiore è documentata da grotte e ripari sotto roccia (Grotta di S. Andrea ad Amalfi, la Grotta delle Sopressate a Positano) che attestano presenze significative.
Assenti sono invece le testimonianze relative al Mesolitico. Il Neolitico - nella sua fase matura caratterizzata dalla facies detta "cultura del Gaudo" dalla località a nord di Paestum dove nel 1963 si rinvenne la più importante testimonianza di quest'epoca (III millennio) - è documentato per la vicina costiera sorrentina (tombe a grotticella a Piano di Sorrento), ma non è stato accertato per la Costa d'Amalfi.
Al Bronzo medio appartiene la testimonianza che proviene da Tramonti, unica per tutta la costiera amalfitana (strutture abitative in località Polvica).
Durante il Bronzo recente (periodo subappenninico, XIII-XII sec a.C.) si assiste ad un'occupazione delle cime più alte delle catene montuose attestata da pochi siti in tutta la Campania, situazione che perdura fino al Bronzo finale (X - IX sec. a.C.) in modo tale da non poter definire le specifiche modalità del processo insediativo.
La questione delle modalità dell'arrivo in Campania degli Etruschi si ricollega al ruolo svolto in questo periodo dalla costiera amalfitana. Infatti, Strabone (V, 4, 43)(1) riporta chiaramente che l'unica emergenza tirrenica sulla costa era Marcina. Marcina(2) è identificata ormai quasi unanimemente con un centro che doveva trovarsi sul Golfo di Salerno, in particolare presso Fratte di Salerno, e che doveva segnare il reciproco confine tra i Greci a sud e gli Etruschi a nord. Sembrerebbe quindi che la costa fosse priva di qualsiasi presenza. Eppure, Plinio (N. H. III, 70) riferisce: "a Surrentino ad Silarum amnem XXX m. p. ager Picentinus fuit Tuscorum, templo Iunonis Argivae ab Iasone condito insignis".
Tralasciando l'apparente contraddizione in cui sembra cadere Plinio affermando che il territorio è etrusco ma vi è un tempio fondato da Giasone, importante è soffermarsi sul fatto che la zona era sotto l'influenza etrusca e altrimenti non poteva essere vista la centralità dell'area rispetto alle rotte commerciali (gli isolotti de Li Galli erano secondo la mitologia sede delle Sirene, in realtà una secca pericolosa per le navi; inoltre, i rinvenimenti anforari nel mare antistante la costiera dimostrano che le navi passavano di qui).
Di una facies greca rintracciabile nella toponomastica della costiera (soprattutto nell'idronimo Reghinna e nei poleonimi) è convinto qualche studioso. Un riscontro di una presenza estranea a Roma in questa stessa zona viene suggerito dalla stessa leggenda sulla fondazione di Amalfi, là dove si fa riferimento all'incontro che i naufraghi romani fecero sulle coline di Scala con uomini "ignotos et forma corporis honestos sed honestiores eloquio".(3)
In epoca romana la zona costiera divenne luogo di ozii e di villeggiature, anche se dovette rimanere al centro delle rotte commerciali marittime (come suggerito dalla presenza di cisterne sugli isolotti de Li Galli): in quel periodo fu tuttavia la fascia collinare ad assolvere al ruolo produttivo.
La decadenza del potere imperiale romano portò all'abbandono delle ville sulla costa (Amalfi, Minori, Positano registrano presenze archeologiche di questo tipo; nella fascia montana è Tramonti a presentare un esempio di frequentazione di epoca romana). Le ville furono distrutte dagli eventi alluvionali e mai più ricostruite.
La guerra dei Goti contro i Bizantini, che per diciotto anni spopolò queste terre, si risolse a favore dei Bizantini nel 553 proprio alle pendici dei Monti Lattari, vicino a Nuceria, determinando l'ingresso della costiera e dell'agro nocerino nel dominio dell'Impero Bizantino sotto il ducato di Napoli.
Alla fine del VI secolo d.C. Amalfi cominciò a ritagliarsi un ruolo preminente, e non solo tra i paesi della costa: con l'avvento dei Longobardi, nel VII secolo accolse gli abitanti di Nocera distrutta e, pur assediata dal 783 al 785 dal duca longobardo di Benevento Arechi, riuscì a difendersi. Non andò altrettanto bene nell'836, quando Sicario duca di Benevento assediò la città marinara e ne deportò gli abitanti a Salerno, che fu però incendiata nell'839 dagli stessi Amalfitani ribellatisi.
Divenuta Repubblica e raccogliendo intorno a sé tutto il territorio da Sorrento a Salerno escluse, Amalfi fu retta prima da due prefetti annuali, poi da giudici e dal 958 dai dogi. In tutto il periodo in cui fu Repubblica, Amalfi seppe tessere la politica estera che le permise di divenire una potenza marinara: pur essendo formalmente sottoposta agli Imperatori di Oriente, strinse alleanze non solo con gli stati vicini, ma perfino con i Saraceni, appoggiandoli quando le convenne aiutare Ludovico II per frenare il tentativo dell'Impero bizantino di imporre anche di fatto la propria sovranità nonostante li avesse combattuti e vinti nell'846 a Punta Licosa e nell'849 ad Ostia. Riconosciuta, nell'866, la sovranità di Ludovico II, Amalfi permise che i Saraceni saccheggiassero le terre dei principi Longobardi, salvo poi sconfiggerli nel 915 e cacciarli per sostenere Atenalfo I principe di Capua.
Amalfi era ormai all'apice della sua potenza ed il suo ducato batteva una moneta, il tarì, accettata in tutti i mercati del Mediterraneo. Solo nel 1309 il principe di Salerno Guimario V prese la città, privandola della sua indipendenza. Roberto il Guiscardo riuscì a liberarla dal dominio salernitano nel 1073, ma Amalfi rimase sottoposta al potere normanno.
Nel 1255 Amalfi fu, per volere di papa Alessandro IV, feudo di Bertoldo, Ottone e Ludovico di Hohenbruck e poi, con Carlo d'Angiò, fu di Alardo di Valbery. Della gloriosa repubblica non c'era ormai che il ricordo: oltre alla peste che nel 1306 ne decimò la popolazione, il passare di mano in mano - nel 1391 da Venceslao Sanseverino alla famiglia Colonna fino al 1419 e a Raimondo del Balzo Orsini conte di Nola e di Sarno nel 1438, dopo essere stata saccheggiata per aver sostenuto Renato d'Angiò contro Alfonso d'Aragona nella lotta per il potere - ridusse ancor più le forze cittadine.
Nel 1461 la città passò a Maria, figlia di Ferdinando I di Napoli e sposa di Antonio Todeschini Piccolomini. Alla morte dell'ultimo duca Giovanni Piccolomini nel 1582, Amalfi e il suo ducato furono messi in vendita per 216 mila ducati e i cittadini riscattarono la propria libertà. Fu così terra demaniale del Regno di Napoli fino al 1806, anno in cui creò un proprio consiglio comunale presieduto da un sindaco.(4)

1 Strabone V, 4, 43:
2 Il Beloch propose di identificare Marcina con Maiori (Beloch 1879, pag. 256), ma ormai è certo che sia Vietri sul Mare (vd. Amarotta 1977, pag. 51).
3 Chronicon Amalphitanum, I, foglio n° 195.
4 Per la facies greca in costiera amalfitana si è utilizzato Di Frischia 1981, perché è apparso l'unico studio che portasse prove sicure per questa tematica.
 
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